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Psicoterapia (e in particolare terapia cognitivo comportamentale per il DOC)

Ultimo Aggiornamento: 22/03/2008 20:39
26/09/2006 14:39
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Terapia cognitivo comportamentale

Ho aperto alcune discussioni riguardanti i farmaci, pensavo di affrontare il discorso dall'altro punto di vista, quello della psicoterapia.

Per chi non è nuovo all'approccio col disturbo, non sarà una novità il fatto che per chi ha il DOC sia raccomandata una terapia specifica, che si chiama Terapia Cognitivo Comportamentale (TCC).
Vediamone le caratteristiche (Psicoterapia cognitivo comportamentale):

Le caratteristiche pregnanti di questo approccio terapeutico sono:

1) Mirato allo scopo: all'inizio della terapia, previa una approfondita valutazione diagnostica, vengono concordati gli obiettivi da raggiungere, viene stabilito un piano di trattamento che si adatti alle esigenze del singolo, vengono previsti i tempi e le modalità di verifica per il raggiungimento dei cambiamenti auspicati.

2) Attivo e collaborativo: terapeuta e paziente lavorano insieme per riconoscere e modificare le modalità di pensiero a partire dalle quali si originano i problemi emotivi e di comportamento. Il terapeuta propone le strategie cognitive e comportamentali per la soluzione dei problemi, il paziente avrà il compito di mettere in pratica le strategie apprese durante gli incontri nello spazio tra una seduta e l'altra.

3) Centrata sul presente: il lavoro terapeutico, soprattutto quando mirato alla soluzione di sintomi specifici, si basa sull'elaborazione di quello che succede nella vita attuale della persona. L'attenzione al passato e alla "storia" personale è sicuramente importante in fase diagnostica e in alcune categorie di intervento, ma normalmente la terapia cerca innanzi tutto di far uscire il paziente dai paradossi mentali in cui è caduto.

4) A breve termine: in genere gli interventi variano, in funzione del tipo di problema, dai tre ai dodici mesi. In ogni caso i cambiamenti vengono monitorati a scadenze prestabilite in partenza, ed è quindi possibile la valutazione dell'efficacia dell'intervento.

5) Integrabile e flessibile: nei casi di particolare gravità si presta, per le ragioni viste sopra, a sinergie con il trattamento psicofarmacologico; rappresenta inoltre un riferimento teorico e strategico centrale nei programmi complessi di riabilitazione psicosociale per pazienti psichiatrici.

6) Efficace a lungo termine: come già affermato in precedenza le tecniche cognitivo-comportamentali si prestano facilmente a una misurabilità dei risultati che riescono ad ottenere. Le ricerche effettuate finora, in studi replicabili, dimostrano che, per una vasta gamma di disturbi, i cambiamenti ottenuti con queste tecniche si mantengono a lungo nel tempo.


www.aidoc.it/cura.htm
La psicoterapia cognitivo-comportamentale, come dice il nome, è costituita da due tipi di psicoterapia che si integrano a vicenda: la psicoterapia comportamentale e la psicoterapia cognitiva.

La psicoterapia comportamentale, basata sui principi dell'apprendimento, mira ad insegnare alle persone a modificare i propri pensieri e sentimenti a partire dal cambiamento dei propri comportamenti. Tra le tecniche più usate della psicoterapia comportamentale per il DOC ci sono quelle dell'esposizione e prevenzione della risposta.
L'esposizione allo stimolo ansiogeno si basa sul fatto che l'ansia tende a diminuire spontaneamente dopo un lungo contatto con lo stimolo stesso. Così, le persone con l'ossessione per i germi possono essere invitate a stare in contatto con oggetti "contenenti germi" (es: prendere in mano dei soldi) finché l'ansia non è scomparsa. La ripetizione dell'esposizione consente la diminuzione dell'ansia fino alla sua completa estinzione.
Perché la tecnica dell'esposizione sia più efficace è necessario che sia affiancata alla tecnica di prevenzione della risposta, perché l'emissione dei rituali ostacola una sufficiente durata dell'esposizione e non consente l'estinzione dell'ansia condizionata. Nella prevenzione della risposta vengono sospesi, o inizialmente almeno rimandati, gli abituali comportamenti ritualistici che seguono alla comparsa dell'ossessione. Riprendendo l'esempio precedente, la persona con l'ossessione dei germi viene esposta allo stimolo ansiogeno e viene invitata a sforzarsi di non mettere in atto il suo rituale di lavaggio, aspettando che l'ansia svanisca spontaneamente.
Il soggetto, in pratica, viene istruito a fronteggiare lo stimolo temuto, sperimentare l'urgenza di mettere in atto i rituali e immediatamente bloccare l'emissione di tali comportamenti.
Si segue insomma il principio "guarda la paura in faccia e cesserà di turbarti".

Negli anni '90, alcuni teorici cognitivisti, tra cui P. Salkovskis e G. Steketee, hanno individuato le peculiarità che contraddistinguono i meccanismi cognitivi dei pazienti DOC, ovvero i loro particolari meccanismi di pensiero e di elaborazione dell'informazione. Poiché essi intervengono nella interpretazione e valutazione delle esperienze intrusive, devono essere modificati per favorire il processo terapeutico. Questo è l'obiettivo della psicoterapia cognitiva, che centra la sua attenzione sulla modificazione di tali processi di pensiero automatici e disfunzionali; in particolare:
- eccessivo senso di responsabilità: i pazienti con DOC, in particolar modo quelli che temono le conseguenze dannose sugli altri, piuttosto che su sé stessi, delle proprie trascuratezze, ritengono spesso che l'avere una qualunque influenza sull'esito di un determinato evento negativo equivalga all'esserne totalmente responsabile. Pensare che possa accadere qualcosa di negativo e non fare tutto il possibile per impedirlo sarebbe quindi, per queste persone, come esserne totalmente colpevoli nel caso in cui si avverasse;
- eccessiva importanza attribuita ai pensieri: per chi soffre di DOC, avere un pensiero in testa significa di per sé che esso è importante. Quasi tutti i pazienti ossessivo-compulsivi ritengono che avere certi pensieri negativi sia moralmente deplorevole, perché significherebbe desiderare o augurarsi che essi si avverino, e pericoloso, in quanto potrebbe avere un'influenza sul reale accadimento degli eventi; non riconoscono, insomma, che è normale avere preoccupazioni negative, soprattutto quando il nostro umore non è dei migliori, senza che ciò dica niente dei nostri desideri o della nostra natura, né influenzi la probabilità di accadimento degli eventi temuti;
- sovrastima della possibilità di controllare i propri pensieri: i pazienti DOC, non tollerando la presenza di pensieri negativi per i motivi sopra illustrati, fanno di tutto per contrastarli e liberarsi la mente, senza considerare che noi non possiamo decidere di non pensare a qualcosa e che abbiamo un controllo soltanto parziale sul nostro flusso di pensieri;
- sovrastima della pericolosità dell'ansia: l'ansia è un'emozione normale e non pericolosa; i sintomi fisici dell'ansia possono essere molto sgradevoli, ma non portano mai alla perdita di controllo del proprio comportamento e, prima o poi, tendono a scomparire spontaneamente anche se la persona non fa niente per tranquillizzarsi. I pazienti DOC, invece, tendono a confondere lo stato confusionale che l'ansia può indurre come segno di un imminente perdita di controllo o di "impazzimento" e a ritenere che il malessere fisiologico ad essa correlato aumenti all'infinito o rimanga stabile nel tempo, a tal punto da essere intollerabile o dannoso per l'organismo



Il mio approccio colla TCC è stato durante il mio ricovero (aprile 2006) nel reparto psichiatrico dell'ospedale Turro S.Raffaele.
Devo dire che la cosa mi è sembrata sì utile, ma anche molto, molto difficile.
Andare a toccare i nostri meccanismi interiori è un'operazione delicatissima e molto dura...
E' sicuramente efficace, ma necessita anche una piena collaborazione del paziente, che non sempre c'è, e non per colpa sua...
Intendiamoci, rispetto ad altri disturbi che pure la TCC cura, mi pare che il DOC abbia armi molto affinate per non voler essere vivisezionato...

[SM=g27819]

Nel concreto dalla fine di aprile 2006 non ho più aggiornato il mio programma terapeutico, se non in maniera del tutto marginale. Ma magari ne parlerò meglio in altre discussioni.
Qui vorrei eventualmente sapere cosa avete da dire al riguardo della TCC.





[Modificato da enemyofthesun 22/03/2008 20:27]


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19/07/2007 15:09
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Vorrei sapere se potete consigliare dottori e strutture dove fare psicoterapia. Ovviamente se voi stessi ne siete soddisfatti.

Vorrei che questa discussione fosse una sorta di passaparola.


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21/02/2008 19:02
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Dove posso trovare un terapeuta per la TCC?

www.ipsico.org/pccfaq2.htm#6




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22/03/2008 20:09
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La terapia sistemica familiare o relazionale

www.nienteansia.it/tipi-di-psicoterapie/terapia-sistemica-famili...
E' la terapia che sto seguendo attualmente.


L'approccio sistemico familiare, come spesso accade, non ha un punto di origine preciso; le sue radici possono essere fatte risalire alla fine degli anni '40 e agli anni '50, quando iniziano a sorgere gruppi di lavoro, non necessariamente coordinati fra loro, che si interessano al rapporto tra malattia mentale e famiglia. Questo interesse si sviluppa in seguito ad un certo livello di insoddisfazione registrato da alcuni psicologi nell'applicazione del modello psicanalitico ortodosso nella trattamento dei bambini. Chi lavorava nell'ambito infantile sentiva la necessità di coinvolgere maggiormente i genitori, cosa non praticabile con la psicanalisi classica che si basa su un rapporto di tipo paziente-terapeuta.

Inoltre, il contemporaneo sviluppo di nuove discipline, quali l'antropologia e la sociologia, offriva un contributo significativo alla conoscenza dei contesti in cui l'individuo vive, e in particolare allo studio delle influenze che le relazioni e l'organizzazione familiare giocano sullo sviluppo della personalità. Un grosso contributo alla elaborazione del modello sistemico è stato offerto anche dai pionieri delle teorie cibernetiche, che hanno aperto la strada alle considerazioni che conducono poi gli autori appartenenti alla cosiddetta Scuola di Palo Alto (fra cui Beavin, D. D. Jackson, P. Watzslawik ecc.) e a Gregory Bateson di mettere a fuoco il modello che successivamente si è evoluto nella direzione della terapia sistemica che oggi conosciamo.

In questa prospettiva la famiglia viene vista come un sistema, ossia come un'entità che possiede caratteristiche, regole e norme proprie; diviene così possibile comprendere i meccanismi e le dinamiche di tale sistema nel momento in cui si analizzano e rendono chiari i criteri alla base del suo funzionamento. Questo è lo stesso principio che sta alla base della società organizzata all'interno della quale ogni persona possiede un suo posto, un suo ruolo e interagisce con gli altri. La famiglia, che a sua volta è inserita in un contesto più ampio che è quello della società, possiede dunque una sua struttura di regole e meccanismi che la portano ad evolvere in un certo modo e, ogni suo membro, contribuisce al suo sviluppo.

Ogni membro del sistema esercita una serie di effetti, di influenze, sugli altri membri; al tempo stesso tali influenze si ripercuotono sul sistema intero della famiglia. A differenza degli altri approcci che si basano sull'individualità della persona, nella terapia della famiglia l'individuo viene considerato una parte del tutto, che è appunto il sistema. Secondo la prospettiva sistemica, l'individuo è in grado di influire sul contesto, come il contesto influisce sull'individuo. Premesso questo, la persona che soffre viene inquadrata come "espressione" di un contesto a sua volta sofferente, nel quale esistono degli squilibri che provocano influenze negative su di essa.

Tuttavia, la stessa persona sofferente fa parte del sistema famiglia, ed è quindi parzialmente responsabile della situazione che si è creata. Il paziente, allora, non è solo colui che subisce ed esibisce un sintomo, ma, paradossalmente, diviene esso stesso un sintomo: quello di una famiglia disfunzionale. Ciò non significa che la causa del suo disagio sia dovuta a colpe personali, ma che comunque la persona contribuisce a mantenere in vita delle dinamiche familiari disfunzionali. Per esempio, se un adolescente soffre di una forte ansia e i membri della sua famiglia essendone al corrente lo proteggono in maniera eccessiva, evitandogli costantemente il confronto con le sue paure, egli tenderà a mantenere vive le sue paure; contemporaneamente dipenderà in maniera sempre maggiore dagli altri membri della famiglia, mantenendo in vita tale dinamica disfunzionale. La terapia della famiglia ha costruito quindi la sua metodologia clinica intorno all'idea che il disagio psichico può essere colto attraverso l'osservazione delle relazioni umane.

Da questi presupposti la teoria generale dei sistemi ha condotto alla elaborazione di una forma di terapia che parte dall'idea che:
Una malattia psicologica presenta una serie di schemi relazionali che si ripetono con costanza. Sono dunque stabili.
Per fare in modo che vi sia un cambiamento/miglioramento è necessario interrompere o modificare questi schemi.
Quando vengono interrotti o modificati tali schemi relazionali si apre una fase caratterizzata da un periodo di riorganizzazione del sistema individuo-famiglia-società.
In quest'ultima fase del processo si inserisce l'operazione terapeutica, attraverso la quale, il terapeuta, con i suoi strumenti e la sua esperienza accompagna il processo di cambiamento verso una direzione non più patologica.




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22/03/2008 20:39
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TCC in pillole

Per semplificare quanto detto nel primo post (ma rimando alla lettura di quello per ulteriori dubbi) vorrei sinteticamente evidenziare il cuore della TCC:
1) ESPOSIZIONE: graduale, costante e pianificata, meglio se col terapeuta stesso
non ricorrere all'evitamento se possibile
2) PREVENZIONE DELLA RISPOSTA: non fare compulsioni (controlli, rimuginii...) o almeno cercare di rimandarle, e cercare di sopportare l'ansia che deriva dall'esposizione e data dall'insorgere delle ossessioni (poi decresce)

Naturalmente l'esposizione deve essere tale da consentirci di non mettere in atto le compulsioni: un'esposizione sovradimensionata ci darà un'ansia forte, ci farà fare molte compulsioni perchè non riusciremo a sottrarci e di conseguenza invaliderà l'esposizione.
Da qui la necessità di una gradualità, e di una costanza.

[Modificato da enemyofthesun 22/03/2008 20:42]


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